Il valore dello stato e il significato dell'individuo by Carl Schmitt

Il valore dello stato e il significato dell'individuo by Carl Schmitt

autore:Carl Schmitt
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia politica
pubblicato: 2023-03-27T00:00:00+00:00


si scorga facilmente che questi impulsi distinti dall'idea del dovere debbono essere necessariamente tratti dai motivi patologici di determinazione della volontà che si riferiscono alle inclinazioni e avversioni, e anzi, a preferenza, dai motivi che si riferiscono a quest’ultime, perché si tratta di una legislazione la quale ha necessariamente un carattere coercitivo, e non uno che possa allettare e attirare (ibidem).

Ma anche se per noi è ovvio che nella vita empirica del diritto si lavora con misure coercitive e non con ricompense e allettamenti, il riferimento a questa ovvietà non è ancora, almeno per Kant, un argomento. Essa non risulta dal sistema kantiano di filosofia del diritto; è attinta dall'esterno e aiuta a superare un'evidente frattura.

Gli studiosi che oggi hanno acquisito grandi meriti per la diffusione e la prosecuzione delle idee kantiane nella dottrina del diritto, in particolare Stammler, Natorp e Cohen, attribuiscono la massima importanza all'unitarietà della legislazione etica e giuridica, in quanto entrambe devono risultare dalla stessa ragione pratica. Essi distinguono quindi diritto e moralità come due principi che, nonostante le differenze, sono da ricondursi alla stessa legalità. Attraverso le ampie e approfondite analisi, compiute soprattutto da Stammler, dedicate anche agli specifici interessi della filosofia del diritto, la distinzione tra conformità interna ed esterna al dovere avrebbe potuto conseguire un'inequivocabile chiarezza, dimostrando così la propria giustezza di principio. Questo non è però accaduto. Per Stammler il diritto è concettualmente un volere autodominante, inviolabile e vincolante; la specifica differenza rispetto alla moralità, che, come il diritto, si determina secondo la logica mezzo/fine e non secondo quella di causa/effetto, consiste nel fatto che l'ordine interno, quello della moralità, si riferisce soltanto al volere desiderante e all'uomo come singolo, mentre il diritto riguarda il volere che agisce e lega gli scopi dei diversi uomini nel modo comune del perseguimento degli scopi. Qui il diritto come volere vincolante non ha reale autonomia, non è una mistica essenza universale al di sopra del singolo, ma solo la condizione logica della cooperazione di più voleri vincolati, che viene così determinato come «mezzo l'uno per l'altro» (Theorie der Rechtswissenschaften, 1911, p. 75). Il volere vincolante è autonomo di fronte al volere vincolato, rendendolo per la prima volta logicamente possibile. L'opposizione tra desiderare, come volere senza mezzo, e agire, come volere, per così dire, adatto, ha il significato della corrispondente opposizione tra intenzione e azione, tra interiorità ed esteriorità e, poiché a un'opera che pretende addirittura di fornire la base critica dell'intera scienza giuridica si può richiedere la più inflessibile coerenza, anche dell'opposizione tra volere del singolo e volere dei molti. La regolazione esterna, infatti, si riferisce agli scopi di diversi individui, quella interna può riguardare sempre e solo il singolo. Il tratto distintivo del diritto rispetto alla moralità sfocia così, nonostante tutte le proteste contro il fraintendimento secondo cui il «volere vincolato» significherebbe l'unione di più voleri in senso numerico, nella contrapposizione tra il singolo e i molti (come combinazione puramente numerica che permane all'interno del mondo dei fenomeni reali), e bolla la protesta come un desiderare rimasto inappagato.



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